In ricordo di mio padre


Era un appassionato della montagna e la sua passione me la trasmise sin da ragazzo. Ho avuto modo di raccontare le escursioni in sua compagnia durante le vacanze estive in quel di Cusio. Non si limitava a propormi “camminate” ma coglieva l’occasione per farmi conoscere la montagna, apprezzare i panorami, spiegarmi la flora e la fauna che l’abitava. Spesso facevamo pause nelle radure erbose, ombreggiate dagli alti pini e abeti che la circondavano, cogliendo l’occasione per narrarmi le sue “avventure” nelle nostre valli.

Durante queste narrazioni mi descrisse una sua salita alla Presolana, fatta mentre soggiornava un’estate presso la Casa Estiva dei dipendenti della Dalmine a Castione.
Aveva seguito il percorso normale, partendo dalla Grotta dei Pagani, risalendo il canale franoso e instabile che portava in vetta. Era preceduto da una compagnia di seminaristi provenienti dal Seminario di Clusone, ragazzi inesperti e poco attenti al normale e attento comportamento di chi precede altri escursionisti in simili situazioni.

La conseguenza erano le continue “scariche” di sassi, alcune anche di notevole dimensione, che dopo averle provvidamente evitate, lo consigliarono di assumere un atteggiamento più prudente allungando la distanza che lo separava dal “gregge”.
Alla fine, raggiunta la cima, mi descrisse il maestoso panorama che da lassù si presentò alla sua vista: un balcone affacciato sulle Prealpi e, in lontananza, sulla catena delle Alpi lombarde.

Ovviamente il racconto mi aveva “preso” e la fantasia aveva fatto si che mi proponessi di emulare questa sua avventura e mi ripromisi di riuscire in breve tempo a ripeterla.
Purtroppo, negli anni successivi, non riuscii mai a realizzarla, distratto da altre avventure ed escursioni sulle cime che via via mettevo in cantiere nei miei programmi di montagna.
Molti anni dopo mi si presentò l’occasione. Con alcuni amici, con i quali soggiornavo durante l’estate a Zambla. Alcuni di loro non avevano mai visitato la Grotta dei Pagani e, cogliendo quest’occasione, mi riproposi di raggiungere questa benedetta vetta.
Partimmo un mattino con Gianni, sua nipote e Paolo. Raggiunto l’Albergo Grotta, vecchio punto di partenza per tutti gli escursionisti diretti alla vetta, lasciammo l’auto e procedemmo verso la Baita Cassinelli e successivamente, raggiunta la Capella Savina, arrivammo alla famosa Grotta.

Gianni e sua nipote, non se la sentirono di proseguire oltre e, mentre si rifocillavano, Paolo ed io decidemmo di raggiungere la vetta.
Mentre salivo, rammentavo il racconto di mio padre e mi pareva di averlo accanto mentre riscontravo le indicazioni che, a suo tempo, mi aveva fornito circa le difficoltà, in verità non eccessive se non quella concernente la prudenza, per salire con tranquillità e sicurezza la montagna.

Con Paolo arrivammo abbastanza velocemente sulla cima. Eravamo molto allenati e non faticammo eccessivamente e lassù trovammo un solo escursionista: un anziano ultra settantenne che ci aveva preceduto e che stava sgranocchiando pane e salame. Era un tipo alto e asciutto e il suo fisico denotava la sua abitudine alle camminate in montagna. Ci scambiammo alcune frasi sulle bellezze che ci circondavano e poi scendemmo velocemente per raggiungere gli altri amici che ci attendevano in basso. Rimasero sorpresi per il breve tempo che era intercorso tra la nostra partenza e il ritorno e mentre, anche da parte nostra, ci si rifocillava, spiegammo l’itinerario e il panorama che da lassù avevamo ammirato grazie anche alla bella giornata, priva di nubi e con l’aria limpida e tersa.


Pensai a mio padre e alla promessa che avevo fatto a me stesso anni prima: l’avevo mantenuta e ne ero soddisfatto. Mentalmente lo ringraziai per avermi trasmesso la passione dell’alpinismo e per quel racconto che mi aveva spinto a emularlo. Con il Pizzo dei Tre Signori, la Presolana fu la seconda cima che condivisi simbolicamente con il mio genitore sia pure in tempi diversi.

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