Tram e treni

Tramvie e ferrovie a Bergamo
I trasporti pubblici erano essenzialente su rotaia e basati su due “sistemi”: tramviario e ferroviario.
La città era attraversata verticalmente e orizzontalmente dalla rete tramviaria che dai vari quartieri raggiungeva il centro: Porta Nuova.
Da sud verso nord dal tram che, partendo dalla stazione ferroviaria, e percorrendo viale Roma e viale Vittorio Emanuele, raggiungeva la stazione inferiore della funicolare che collegava la città bassa con quella altra, passando sotto le mura venete. Da città alta, oltre la Porta Sant’Alessandro, un’altra funicolare raggiungeva il colle di San Vigilio.
Dal centro, verso ovest, collegava i quartieri di Borgo Santa Caterina e Borgo Palazzo e, procedendo oltre i confini della città, verso Negrone, Albino e Seriate; verso est quelli di Loreto e Longuelo e infine verso Ponte San Pietro. [1]
La pianura era collegata, attraverso Dalmine, Osio Sotto e Trezzo sull’Adda, con Monza da una ferrovia a scartamento metrico, familiarmente chiamata “Gamba dè legn”. La stazione di partenza era situata in via Paleocapa, di fronte all’ex Teatro Rubini.[2]
Infine le valli bergamasche erano collegate alla città da due tratte ferroviarie: una verso la val Brembana, con capolinea Piazza Brembana, e l’altra verso la val Seriana, con capolinea Clusone
Descritta la situazione dei trasporti pubblici bergamaschi, e tornando alla memoria di quel tempo, con il ricordo di due principali linee tramviarie che utilizzavo abbastanza sovente.
Abitando in città alta per raggiungere il “centro” cittadino utilizzavo la funicolare e la successiva tratta sino a Porta Nuova. Nella discesa della funicolare verso la stazione inferiore appariva la città bassa con la pianura e, nelle belle giornate di primavera o autunno, si potevano osservare, in lontananza tra una leggera foschia, gli Appennini.
Da Porta Nuova salivo sulla tramvia numero sette diretta a Curno e Ponte San Pietro, dove risiedevano alcuni parenti. Il percorso di quest’ultima tratta tramviaria partiva da via Galliccioli, transitava da Piazza Pontida, proseguiva sino a Loreto, dopo una breve salita sino al colle che ospitava la colonia elioterapica, raggiungeva Longuelo quindi Curno e, sotto passando la ferrovia Bergamo Lecco, arrivava al capolinea di Ponte San Pietro, all’inizio del paese. Il percorso, a lato della rotabile, era fiancheggiato da campi di mais e di frumento che all’inizio estate erano cosparsi di rossi papaveri e azzurri fiordalisi. Se li rivedessi oggi, potrei paragonarli al dipinto “Campo di grano” di Vincent Va Gogh. Purtroppo al posto dei campi ora vi sono solo costruzioni senza soluzione di continuità.
La tramvia che conduceva ad Albino era chiamata anche “Il tram rosso” per il colore con il quale erano dipinte. La utilizzavo qualche volta quando, accompagnato da mio nonno Ettore, salivamo al Colle della Maresana partendo da Torre Boldone. Sul colle era di pragmatica fermarsi a far merenda presso l’osteria della Croce dei Morti, immersa nel bosco di castani. Con un mio compagno di escursioni, gatton gattoni mentre il nonno faceva la sua partitella a carte con l’oste e altri avventori, ci s’infilava nella cantina e ci scolavamo due bottigliette di …gassosa! Era il clou dell’avventura.

Sul “Gamba dè legn” che faceva servizio tra Bergamo e Dalmine, ho avuto modo di salire parecchie volte. Presso l’ambulatorio dello Stabilimento dovevo essere sottoposto a visita medica per poter accedere al periodo di vacanza nelle Colonie montane o marine di proprietà della “Dalmine”.
La vaporiera bruciava carbone e legna (in tempo di guerra anche le stoppie di granoturco dei campi che fiancheggiavano la ferrovia) e un fumo acre e denso usciva dalla sua ciminiera. Ritornando in città una volta svenni e, per "rincuorarmi” i colleghi di mio padre che viaggiavano nel vagone addebitarono il fatto ad un “bruscolo di carbone” che mi era entrato nell’occhio. Non ne rimasi convinto!
Era diventata “famosa” quando, dopo il bombardamento dello stabilimento nel luglio del 1944, riportò a Bergamo vagoni pieni di lavoratori spaventati, anneriti dal fumo e feriti dallo scoppio delle bombe.
Pochi anni prima che la dismettessero, era stata costruita una deviazione di un chilometro circa per accogliere i dipendenti dello stabilimento vicino alle portinerie: per l’occasione il poeta dialettale Luigi Gnecchi scrisse la poesia “ Ol gamba dè legn là slongat la gamba”.
Le due tratte ferroviarie che collegavano la città alle valli Brembana e Seriana erano senza dubbio più interessanti. Il viaggio impiegava circa un’ora e mezzo, secondo il tipo di convoglio. Il percorso della Valle Brembana era il più bello e interessante dal punto di vista paesaggistico.
Già prima che s’imboccasse la valle, si attraversavano gallerie, antipasto del piatto gustoso che avresti assaggiato in seguito, Dalla stazione di Villa d’Almè in poi era un susseguirsi di gallerie e viadotti di cui il più rinomato era quello dei Ponti di Sedrina. Da Zogno a San Pellegrino si costeggiava il fiume a pochi metri di distanza, poi il convoglio s’infilava in altre galleria nella valle che man mano si restringeva tra pareti scoscese. Quindi la piana di Lenna consentiva un’ampia curva che in pendenza e attraverso l’ultima galleria permetteva di raggiungere la meta finale: Piazza Brembana. Nulla da invidiare alle famosissime ferrovie Retiche, piccolo tesoro sacrificato al “progresso” dell’asfalto, dei motori e dell’inquinamento. Miopia distruttrice.[3]

In Borgo Santa Caterina era ubicata una stazioncina e ricordo di averci accompagnato, assieme ad altri parenti, mia zia Linda e suo marito Bruno in partenza, credo per il viaggio di nozze e che la loro meta fosse Moio de Calvi o una sua frazione.
L a tratta della val Seriana, al contrario, era collocata nell’ampia e coltivata vallata e sino a Ponte Nossa non presentava particolari attrazioni paesaggistiche. Il tratto più bello era quello tra quest’ultima stazione e il capolinea Clusone: l’attraversamento tramite una ripida salita, della foresta di Ponte Selva. In alcuni casi, specie nella stagione invernale, al convoglio era necessario aggiungere una seconda locomotiva per superare il tratto scosceso.
Poiché la prima parte della vallata era servita anche dalla tramvia che univa Albino a Bergamo, la maggior parte dei passeggeri proveniva o era diretta in alta valle. Da Clusone partivano autobus (le corriere) che raggiungevano Castione della Presolana, Bratto, Schilpario (note stazioni climatiche) e Valbondione.
Il ricordo dei miei viaggi sulla ferrovia della val Seriana sono strettamente legati alla mia permanenza nella Colonia estiva di Castione della Presolana, descritta nel capitolo delle “vacanze”.

Poi piano piano, negli anni successivi, tram e treni sparirono, lasciando spazio a mezzi meno sferraglianti e più veloci che viaggiavano con ruote gommate ma che lasciavano nuvole di gasolio combusto e, alle spalle definitivamente, il fascino dell’avventura, i sedili di legno, i terrazzini delle carrozze dei convogli sui quali, ogni tanto, potevi uscire e sostare respirando l’aria delle valli o ascoltare il rumore della città.
Da allora solo due linee sono rimaste funzionanti, ovviamente rimodernate nel materiale rotabile, le due funicolari, ultimi ricordi di una città che nel primo dopoguerra, senza aver avuto bombardamenti, era stata considerata “miracolata” ma che aveva necessità d’intervento in alcune zone degradate. Sono gli anni che muteranno profondamente il tessuto urbanistico di Bergamo e del suo hinterland.


[1] Già tra il 1912 e il 1953, Bergamo e Albino erano collegate da una linea tranviaria interurbana che percorreva in sede promiscua la strada tra le due località. Era a scartamento metrico ed era elettrificata a 600 volt in corrente continua, come la rete tranviaria urbana di Bergamo. L'esercizio era stato affidato alla municipalizzata orobica.
Il capolinea del tram intercomunale Bergamo-Albino finì con l’essere fissato nei pressi della torre del Galgario: per uscire dalla città i convogli, prima di proseguire per la Valle Seriana, utilizzavano le rotaie dei tram cittadini lungo la Via Cesare Battisti e Borgo Santa Caterina.
L’ultima linea tranviaria ad essere soppressa fu quella che collegava Bergamo a Ponte San Pietro: correva l’anno 1957 e l’ultima corsa fu salutata da una folla festosa che accompagnava la carrozza destinata alla rottamazione.

[2] Il 1º luglio 1939 l'ATM si prese in carico la gestione della linea, che il comune di Milano aveva acquistato dalla MTB nei mesi precedenti.  Il 28 luglio 1952 fu sospeso il servizio sul ponte di Trezzo in quanto l'opera d'arte in ferro costruita negli anni ottanta del secolo precedente sarebbe stata sostituita da un più moderno manufatto in calcestruzzo. Fu questo il primo atto della dismissione della linea: il 31 gennaio dell'anno seguente fu soppresso il servizio fra Capriate e Bergamo, dopo che negli ultimi mesi l'esercizio era stato esclusivamente a vapore in quanto le stazioni di ricarica delle automotrici si trovavano a Trezzo e a Monza. Il servizio sul tratto rimanente fu soppresso il 28 giugno 1958 per essere sostituito da autocorse il giorno successivo.

[3] La concessione per la costruzione e l'esercizio della ferrovia che avrebbe collegato Bergamo alla Valle Seriana fu ottenuta dalla società belga Société générale des chemins de fer économiques (SE). Il primo tratto dal capoluogo orobico ad Albino fu aperto il 21 aprile 1884, mentre il 23 agosto dello stesso anno fu aperto il tratto Albino – Vertova. La ferrovia venne completata il 6 luglio 1885 con l'apertura del tratto Ponte Nossa – Ponte Selva.
 Successivamente l'esercizio passò alla Società Anonima della Ferrovia Valle Seriana (FVS) che si occupò di costruire nel 1911 il breve collegamento tra il bivio Ponte Selva e Clusone, di sei km. La diramazione per Ponte Selva rimase in esercizio come raccordo merci fino al 1949, quando fu chiusa al traffico.
Il primo tratto, lungo 30 km da Bergamo a San Pellegrino Terme venne aperto nel 1906, mentre il tratto successivo di 11 km, fino all'odierna Piazza Brembana, venne aperto nel 1926.
Alla fine degli anni cinquanta a fianco del servizio ferroviario vengono istituiti, inizialmente solo nelle ore di morbida, servizi automobilistici paralleli alla ferrovia; nell'orario del 1964 i servizi con autobus rappresentavano la maggior parte delle corse (20 coppie di autobus e sei coppie di treni) effettuate ogni giorno.
 Ormai fatiscente negli impianti e obsoleta nei mezzi di trazione, la ferrovia, fu chiusa il 17 marzo 1966 e sostituita integralmente da un servizio di autobus gestito dalla società SAB, erede delle due società ferroviarie delle valli bergamasche, seguita dopo pochi mesi dalla "consorella" della val Seriana.