Tre sfaccendati, una Vespa e..."una domenica da leoni".

Tre sfaccendati, una Vespa e..."una domenica da leoni".




Domenica pomeriggio di fine aprile. Il tempo é bello e il sole rende l'aria quasi estiva.
Due ragazzi camminavano lungo gli spalti delle Mura, uno con le sue "pene d'amore", l'Iside lo aveva appena lasciato. l'altro ascoltava cercando distrattamente di consolarlo. Non sapevano che fare e non avevano alcun programma. Dal collegio di Santa Lucia, nella Conca dell'Ospedale, salivano le note di una canzone: "Le tue mani", cantata da Jula De Palma.

 Jula De Palma - Le tue mani 
https://youtu.be/scLtlrFkJWk

Arrivati quasi in Colle Aperto incontrarono il terzo amico a cavallo di uno scooter (la mitica Vespa), anche lui senza alcuna meta o programma in vista. Pure lui aveva tentato un appuntamento con una biondina di Redona ma gli era andata buca.
Ad un tratto, il terzo lancia l'idea "geniale": «Andiamo in Maresana, ci sono le giostre e il "calcinculo" e vediamo le gambe delle ragazze!».
La proposta venne accolta senza molto entusiasmo dagli altri due amici. anche perché non c'erano alternative appetibili.



In tre sulla Vespa significa che il primo passeggero riesce ad appoggiare i piedi sullo stretto pradellino posteriore in modo corretto, mentre il secondo passeggero deve tenere le punte dei piedi sporgenti verso l'esterno.
La strada che sale in Maresana, a quel tempo, era abbastanza stretta e in alcuni punti incrociare un auto, sia pure piccola come la Topolino, che discendeva avrebbe dovuto significare doversi fermare e lasciare il passo: Ubi major minor....!

Cosa assennata che Mario, il guidatore della Vespa, non fece proprio poche decine di metri prima della Trattoria - tabaccaio di Rosciano, con l'inevitabile risultato che il piede destro del malcapitato secondo passeggero urtò, sia pure di striscio, il muretto a monte.
Un grido di dolore lancinante fece immediatamente fermare la Vespa e sotto osservazione finì l'urlatore.

Per coloro che non l'avessero ancora compreso il malcapitato era il sottoscritto che saltellando su un piede lanciava maledizioni al...muretto e occhiate di disapprovazione al guidatore dello scooter (Mario per la cronaca).
Vista la mia condizione si decise di abbandonare la prosecuzione del programma rientrando, con maggior prudenza, in città, destinazione la Fara, il pratone vicino a casa mia.

Il problema ora era quello di giustificare la mia "menomazione" ai genitori, trovando una scusa plausibile che non coinvolgesse la responsabilità collettiva dei tre sciagurati amici. Dopo varie proposte venne scelta quella di una scivolata sui gradini di Piazza Vecchia e la "botta" al piede nel tentativo di non cadere rovinosamente. Motivazione non molto convincente ma, in quel momento, la più plausibile.

Appoggiandomi ai due amici, il terzo era Ulderico, lentamente feci quelle poche decine di metri che mi separavano da casa e, dopo le spiegazioni, condivise dai due "bravi ragazzi" riuscii a stendermi sul letto, togliendo con molta attenzione la scarpa e notando che la zona del quinto dito, ovvero il mignolo, si era gonfiato e arrossato.
Per tutta la notte non riuscii a chiudere occhio dal dolore e la mattina seguente venni accompagnato dal babbo, questa volta con la sua Lambretta, all'ambulatorio della "Mutua", in via Gian Maria Scotti.



Visita e controllo radiografico diagnosticarono rottura del quinto dito e la conseguente ingessatura che mi venne applicata sino quasi all'altezza del ginocchio.
L'unico aspetto positivo, in senso molto lato, fu quello che su quel gesso feci una bella raccolta di firme, anche di ragazze, che mostravo con un certo orgoglio senza mai spiegare veramente le cause dell'incidente. Riuscii a mantenere il segreto anche con i miei genitori evitando i giusti e conseguenti rimbrotti che avrei ricevuto.

In buona sostanza la domenica da leoni si trasformò, per il sottoscritto, in una domenica da cog..ni.




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